ENRICO TEALDI
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Il lavoro di Enrico Tealdi è stato descritto come una poesia che si esprime con la pittura su carta ed installazioni che raccontano storie di affetti, legami, abbandoni e solitudini. Le sue opere parlano della nostalgia che si appropria degli oggetti, dei luoghi;della non curanza che ha l'uomo verso se stesso e il suo destino, in un' atmosfera di sospensione e mistero. Ha esposto in Italia e all'estero in mostre personali e collettive.
Nasce a Cuneo nel 1976, attualmente vive e lavora tra la sua città natale e Torino. Dopo essersi diplomato in pittura nel 1998, perfeziona la propria formazione attraverso diversi workshop con tutor di fama internazionale come Massimo Bartolini, Stefano Arienti, Lorenza Boisi,il tedesco Tobias Rehberger. Del 2000 sono le prime esperienze espositive. Tra le più recenti mostre personali possiamo annoverare:nel 2016 Si cercano parole che nessuno dirà, a cura di Davide Caroli, presso MAR, Museo Arte Ravenna, nel 2015 La diagonale diffusa, presso Yellow, a cura di Veronica Liotti. Nel 2014 Golfo Mistico, presso la galleria Il Segno, Roma. Del 2013 Era un piccolo mondo e si teneva per mano, galleria EffeArte, Milano, a cura di Veronica Liotti. Nel 2012 Fata Morgana. La temperatura dei sensi, 41artecontemporanea spazio studio, Torino e Passaggi a Oriente, Progetto VIAPAC-Via per l’arte contemporanea, a cura di a.titolo, ex albergo Oriente, Caraglio (CN); nel 2011, Ombre nella Memoria, Casa delle Letterature, Roma e First Floor, Hommes Gallery, Rotterdam (Paesi Bassi) e Sovrappensiero, NotFair Gallery, Milano; nel 2009 Libro d'ombra, NotFair Gallery, Milano e, nel 2008, Enrico Tealdi, presso Federculture, Roma. Inoltre fra le numerose collettive ricordiamo:nel 2016 Dehors, a cura di Claudio Libero Pisano, presso la Cisterna Romana di Atri per Still Of Peace, Fondazione Aria, dello stesso anno nel 2015 Empatema, a cura di Yari Miele, Corrado Levi e Alberto Mugnaini per Studi Aperti. Sempre nel 2015:1 Koffer Kunst, Dusseldorf, del 2014, Una collettiva di Pittura contemporanea. Progetto Landina, a cura di Lorenza Boisi, Il tempo macchia e smacchia, Chiesa Bizantina di San Michele Arcangelo, Torino, AtWork; Fondation Donwahi pour l' Art Contemporaine ; 2012 Spazio intimo. Spazio urbano, BI-Box, Biella e Mente Locale, Filatoio Rosso, Cesac, Caraglio(Cn), a cura di a.titolo; nel 2011, Italia Ora, Museo H.C. Andersen, Roma, a cura degli allievi della Luiss Master School, con la supervisione di Achille a cura di Bonito Oliva e Angelo Capasso; DOC, Denominazione Origine Contemporaneo, Centro Culturale Beorges, Buenos Aires,(Argentina); nel 2010, The Office, Contemporary Art Space, Tirana (Albania) e In Sede-Tempi precari, Assessorato alla Cultura, Torino, a cura di Elisa Lenhard e Francesco Poli; nel 2009, Once Upon Today, Hommes Gallery, Rotterdam (Paesi Bassi) e Italian-Restyle, Arthouse Tacheles, Berlino; nel 2008, Camino al Bicentenario, Casa Rosada, Buenos Aires (Argentina) e nel 2007 Centro e Periferia, concorso internazionale per giovani artisti, Federculture, Roma (opera entrata a far parte della collezione del Quirinale). |
PRESSO LA FUSION ART GALLERY:
ENRICO TEALDI . DAVIES ZAMBOTTI . ETTORE PINELLI
CONDENSA
Inaugurazione sabato 21 gennaio ore 19
CONDENSA
Inaugurazione sabato 21 gennaio ore 19
Enrico Tealdi
Davies Zambotti Ettore Pinelli CONDENSA a cura di Barbara Fragogna Inaugurazione sabato 21 gennaio ore 19 dal 21.1 al 25.2.2017 Gio - Sab // 16 - 19.30 e su appuntamento |
Websites:
Enrico Tealdi Davies Zambotti Ettore Pinelli In collaborazione con: Fusion Project, Edizioni Inaudite, e nel'ambito di COLLA/To contemporary art network NEsxT / Independent Art Network ContemporaryArt Torino+Piemonte |
CONDENSA/CONDENSE
di Barbara Fragogna
"L'incertezza è l'habitat naturale della vita umana, sebbene la speranza di sfuggire ad essa sia il motore delle attività umane. Sfuggire all'incertezza è un ingrediente fondamentale, o almeno il tacito presupposto, di qualsiasi immagine composita della felicità. È per questo che una felicità "autentica, adeguata e totale" sembra rimanere costantemente a una certa distanza da noi: come un orizzonte che, come tutti gli orizzonti, si allontana ogni volta che cerchiamo di avvicinarci a esso." - Zygmunt Bauman
Venuta meno l'influenza anestetizzante dell'abitudine, mi mettevo a pensare, a sentire cose infinitamente tristi. – Marcel Proust
L’acqua di condensazione si frammenta in particole a volte estese e a volte minuscole e diventa schermo/filtro/lente per osservare, traducendolo in senso, il circostante. La condensa agglutina/sintetizza/addensa l’umore dell’occhio come un vapore, una nebbia che sale dal sedimento substrato transitando l’immagine-ricordo dal passato al presente. Sembra che ci sia un velo effimero a separare la nitidezza del reale dalla nostra percezione conscia ma nel lavoro di Tealdi, Zambotti e Pinelli, nonostante la peculiarità dei rispettivi casi specifici, si tratta sempre di un velo integrato, atmosfera lattiginosa incisa sulla retina, aria polverosa di un esistenzialismo fuori moda ma onesto e per questo puntuale, un tessuto di garza logoro di esperienze.
In Enrico Tealdi la condensa s’intride di memoria umida, uno sguardo apparentemente lontano che cerca indistinte figure di bagnanti che sono pagliuzze d’oro setacciate in Batee di carta e pigmento e velatura e tempo.. e tempo. Sembra di sentirla, la sabbia raspare sulla superficie diradando per scoprirne i preziosi ricordi, le persone perdute. E sembra di vederle apparire (ma non ci sono, sono chimere) dai campi da calcio solitari nei Nimbi, la poesia. C’è un silenzio profondo fatto di onde, vento, erba, mormorii, bisbigli e sussurri, c’è l’attesa e la stasi, c’è sospensione di movimento, c’è il pensiero, c’è la presenza fisica e pesante di tutto questo. I lavori sono distese sterminate addensate su piccolo formato, un nucleo precipitato che contiene il potenziale dell’esplosione del sentimento, ancora, la poesia esistenziale e malinconica, il delirio.
In Davies Zambotti la condensa è il fiato dalla bocca, sul vetro. Di oblò/sportelli/boccaporti, finestre sull’oltre. Il filtro è fotografico doppio o multiplo: occhio/lente/vetro/nebbia. Nelle sue Lande rincorre il fuoco fisso del movimento. La sfocatura e la dissolvenza, il paesaggio dirada e ritorna, dirada e ritorna, dirada e ritorna… un mantra, da dentro a fuori e viceversa. Il pensiero circolare, il loop compulsivo fugge ed evapora poi torna. La memoria è famigliare, i ritorni vengono sempre, sempre, sempre dal passato. Remoto. Condensa-densa come piombo. La pellicola è il suo viluppo e lo schermo non la protegge perché lo schermo è vacuo e osmotico. I paesaggi sfuggono, con uno sforzo istintivo cerchiamo di vederli nitidi ma non possiamo. Dopo un attimo ci abbandoniamo in essi lasciando che diventino lo spazio/interstizio, portale che, senza rendercene conto, apre un varco nel pensiero. Perdendosi nel privato.
In Ettore Pinelli la condensa è obnubilante. Un latte vischioso che sfuma nei toni pastello arancio-azzurro-grigio e che avvolge e confonde figure umane in azione. Nel ciclo di lavori su tela e su carta A Way To Stand Out infatti i soggetti tentano di “emergere”, in quanto sommersi e i livelli di lettura sono isobate. L’impianto della composizione è fuorviante e la metafora della marea che nel suo moto occulta e protegge descrive l’ambivalenza del messaggio latente. I toni soffusi, morbidi e sinuosi delle monocromie attirano lo sguardo inducendo i sensi ad abbandonarsi ad uno stato di pace “estetica/estatica” mentre poi, a voler ben cercare/capire/scandagliare (ed è fondamentale che ci sia la volontà di fare o non fare questo sforzo) ci si ritrova a fare i conti col soggetto, sempre violento e aggressivo, specchio perturbante di un aspetto della società contemporanea con la quale l’artista ci vuole confrontare. La natura umana sub-conscia.
Enrico Tealdi, Davies Zambotti ed Ettore Pinelli ci istigano, attraverso la distorsione delle loro visioni condensate ed intime, ad interpretare la realtà scavalcando “l’influenza anestetizzante dell’abitudine” proustiana per ritrovare “nel pensiero delle cose infinitamente tristi” un caleidoscopio complementare di interpretazioni/risoluzioni/intuizioni del e sul quotidiano. Una nota a margine da non sorvolare.
BIOs IN BREVE
Enrico Tealdi vive e lavora tra Cuneo e Torino.
Il suo lavoro è stato descritto come una poesia che si esprime con la pittura su carta ed installazioni che raccontano storie di affetti, legami, abbandoni e solitudini. Le sue opere parlano della nostalgia che si appropria degli oggetti, dei luoghi; della non curanza che ha l'uomo verso se stesso e il suo destino, in un' atmosfera di sospensione e mistero. Ha esposto in Italia e all'estero in mostre personali e collettive.
Davies Zambotti, vive e lavora tra Milano e Torino.
Attraverso i suoi lavori personali, ricerca e analizza l impossibilità della certezza umana, utilizzando il video e la fotografia come un microscopio, una lente con cui poter osservare le ombre fra gli interstizi del quotidiano.
Ettore Pinelli, vive e lavora a Modica.
“La mia ricerca inizia stando seduto davanti a uno schermo, facendomi permeare dalla potenza di certe immagini e scenari saturi di violenza. Scontri, sommosse e predominio, sono termini che ricorrono spesso all’interno di alcuni meccanismi nella mia pratica, a volte come decise iconografie e altre come fattori di analisi politica e sociale, quello che mi interessa maggiormente sottolineare, è la deriva di queste immagini, una sorta di distillazione perpetua, incontrollata e senza soluzione, che mostra un volto inquietante e veritiero del nostro presente. La pratica della pittura e del disegno sono i metodi di restituzione del pensiero che ho scelto, sono quelli più vicini alla mia sensibilità e che in qualche modo mi hanno sempre affascinato con tutte le loro dinamiche interne, dinamiche che cerco di fare affiorare in superficie in un movimento transitorio dalla figurazione verso l’astrazione, negando e distruggendo, avvicinandomi e allontanandomi, in una sorta di zoom in cui la volontà della pittura e del disegno sovrastano la mia.”
di Barbara Fragogna
"L'incertezza è l'habitat naturale della vita umana, sebbene la speranza di sfuggire ad essa sia il motore delle attività umane. Sfuggire all'incertezza è un ingrediente fondamentale, o almeno il tacito presupposto, di qualsiasi immagine composita della felicità. È per questo che una felicità "autentica, adeguata e totale" sembra rimanere costantemente a una certa distanza da noi: come un orizzonte che, come tutti gli orizzonti, si allontana ogni volta che cerchiamo di avvicinarci a esso." - Zygmunt Bauman
Venuta meno l'influenza anestetizzante dell'abitudine, mi mettevo a pensare, a sentire cose infinitamente tristi. – Marcel Proust
L’acqua di condensazione si frammenta in particole a volte estese e a volte minuscole e diventa schermo/filtro/lente per osservare, traducendolo in senso, il circostante. La condensa agglutina/sintetizza/addensa l’umore dell’occhio come un vapore, una nebbia che sale dal sedimento substrato transitando l’immagine-ricordo dal passato al presente. Sembra che ci sia un velo effimero a separare la nitidezza del reale dalla nostra percezione conscia ma nel lavoro di Tealdi, Zambotti e Pinelli, nonostante la peculiarità dei rispettivi casi specifici, si tratta sempre di un velo integrato, atmosfera lattiginosa incisa sulla retina, aria polverosa di un esistenzialismo fuori moda ma onesto e per questo puntuale, un tessuto di garza logoro di esperienze.
In Enrico Tealdi la condensa s’intride di memoria umida, uno sguardo apparentemente lontano che cerca indistinte figure di bagnanti che sono pagliuzze d’oro setacciate in Batee di carta e pigmento e velatura e tempo.. e tempo. Sembra di sentirla, la sabbia raspare sulla superficie diradando per scoprirne i preziosi ricordi, le persone perdute. E sembra di vederle apparire (ma non ci sono, sono chimere) dai campi da calcio solitari nei Nimbi, la poesia. C’è un silenzio profondo fatto di onde, vento, erba, mormorii, bisbigli e sussurri, c’è l’attesa e la stasi, c’è sospensione di movimento, c’è il pensiero, c’è la presenza fisica e pesante di tutto questo. I lavori sono distese sterminate addensate su piccolo formato, un nucleo precipitato che contiene il potenziale dell’esplosione del sentimento, ancora, la poesia esistenziale e malinconica, il delirio.
In Davies Zambotti la condensa è il fiato dalla bocca, sul vetro. Di oblò/sportelli/boccaporti, finestre sull’oltre. Il filtro è fotografico doppio o multiplo: occhio/lente/vetro/nebbia. Nelle sue Lande rincorre il fuoco fisso del movimento. La sfocatura e la dissolvenza, il paesaggio dirada e ritorna, dirada e ritorna, dirada e ritorna… un mantra, da dentro a fuori e viceversa. Il pensiero circolare, il loop compulsivo fugge ed evapora poi torna. La memoria è famigliare, i ritorni vengono sempre, sempre, sempre dal passato. Remoto. Condensa-densa come piombo. La pellicola è il suo viluppo e lo schermo non la protegge perché lo schermo è vacuo e osmotico. I paesaggi sfuggono, con uno sforzo istintivo cerchiamo di vederli nitidi ma non possiamo. Dopo un attimo ci abbandoniamo in essi lasciando che diventino lo spazio/interstizio, portale che, senza rendercene conto, apre un varco nel pensiero. Perdendosi nel privato.
In Ettore Pinelli la condensa è obnubilante. Un latte vischioso che sfuma nei toni pastello arancio-azzurro-grigio e che avvolge e confonde figure umane in azione. Nel ciclo di lavori su tela e su carta A Way To Stand Out infatti i soggetti tentano di “emergere”, in quanto sommersi e i livelli di lettura sono isobate. L’impianto della composizione è fuorviante e la metafora della marea che nel suo moto occulta e protegge descrive l’ambivalenza del messaggio latente. I toni soffusi, morbidi e sinuosi delle monocromie attirano lo sguardo inducendo i sensi ad abbandonarsi ad uno stato di pace “estetica/estatica” mentre poi, a voler ben cercare/capire/scandagliare (ed è fondamentale che ci sia la volontà di fare o non fare questo sforzo) ci si ritrova a fare i conti col soggetto, sempre violento e aggressivo, specchio perturbante di un aspetto della società contemporanea con la quale l’artista ci vuole confrontare. La natura umana sub-conscia.
Enrico Tealdi, Davies Zambotti ed Ettore Pinelli ci istigano, attraverso la distorsione delle loro visioni condensate ed intime, ad interpretare la realtà scavalcando “l’influenza anestetizzante dell’abitudine” proustiana per ritrovare “nel pensiero delle cose infinitamente tristi” un caleidoscopio complementare di interpretazioni/risoluzioni/intuizioni del e sul quotidiano. Una nota a margine da non sorvolare.
BIOs IN BREVE
Enrico Tealdi vive e lavora tra Cuneo e Torino.
Il suo lavoro è stato descritto come una poesia che si esprime con la pittura su carta ed installazioni che raccontano storie di affetti, legami, abbandoni e solitudini. Le sue opere parlano della nostalgia che si appropria degli oggetti, dei luoghi; della non curanza che ha l'uomo verso se stesso e il suo destino, in un' atmosfera di sospensione e mistero. Ha esposto in Italia e all'estero in mostre personali e collettive.
Davies Zambotti, vive e lavora tra Milano e Torino.
Attraverso i suoi lavori personali, ricerca e analizza l impossibilità della certezza umana, utilizzando il video e la fotografia come un microscopio, una lente con cui poter osservare le ombre fra gli interstizi del quotidiano.
Ettore Pinelli, vive e lavora a Modica.
“La mia ricerca inizia stando seduto davanti a uno schermo, facendomi permeare dalla potenza di certe immagini e scenari saturi di violenza. Scontri, sommosse e predominio, sono termini che ricorrono spesso all’interno di alcuni meccanismi nella mia pratica, a volte come decise iconografie e altre come fattori di analisi politica e sociale, quello che mi interessa maggiormente sottolineare, è la deriva di queste immagini, una sorta di distillazione perpetua, incontrollata e senza soluzione, che mostra un volto inquietante e veritiero del nostro presente. La pratica della pittura e del disegno sono i metodi di restituzione del pensiero che ho scelto, sono quelli più vicini alla mia sensibilità e che in qualche modo mi hanno sempre affascinato con tutte le loro dinamiche interne, dinamiche che cerco di fare affiorare in superficie in un movimento transitorio dalla figurazione verso l’astrazione, negando e distruggendo, avvicinandomi e allontanandomi, in una sorta di zoom in cui la volontà della pittura e del disegno sovrastano la mia.”